Siete al 40° Km nell’area del “Parco delle Caprette”, che ha una superficie di 28.000 mq ed era originariamente percorsa dal greto del torrente Crostolo, che l'attraversava per tutta la lunghezza formando una grande ansa alla quale si accedeva tramite un'antica carrareccia, l'attuale via Monte Cisa, utilizzata da secoli dai birocciai per l'approvvigionamento di sabbie, ghiaie e ciottoli di fiume. Una volta deviato il fiume e colmato il greto, diede origine all'attuale parco. Successivamente si decise di introdurvi diverse attrezzature ed arredi. Peculiarità del parco è la presenza di alcune caprette, da cui trae il nome, libere di aggirarsi all’interno dell’area verde. Nel parco è presente il Parco della mente, un percorso di esercizi per il corpo e per la mente descritti in una serie di pannelli. Anche il calmo e placido torrente Crostolo la notte tra l’8 e il 9 giugno 1973, manifestò tutta la sua forza e investì l’area di via Monte Cisa, arrecando gravissimi danni e causando la morte di due residenti e lo sfollamento di cinquecento persone. L’evento si verificò a causa di diversi fattori: piogge molto intense, la presenza di ponti provvisori che ostacolarono il deflusso, la grande quantità di detrito vegetale e di rifiuti, un’improvvisa onda di piena. In pochi minuti tutta l’area di via Monte Cisa fu sommersa: l’altezza dell’acqua superò in alcuni punti i quattro metri, formando un piccolo lago che si svuotò solo con il taglio dell’argine. I soccorsi scattarono tempestivi ma occorse lungo tempo per riportare la normalità, grazie anche ad una gara di solidarietà alla quale partecipò tutta la città.
Nella zona sud del Parco del Crostolo, in località Rivalta, si trova la Reggia Ducale, che prende il nome dall’omonima frazione. Nel 1722 alcune donazioni di beni da parte del Principe Foresto d’Este, insieme alle concessioni del Duca Rinaldo I al Principe ereditario Francesco, sposo di Carlotta Aglaia d'Orléans, consentono l’avvio di un ambizioso progetto per la realizzazione della Villa Ducale di Rivalta. Le opere di quella che fu ribattezzata la “piccola Versailles” in omaggio alla Duchessa Carlotta proveniente dalla corte di Francia, iniziarono nel 1723. I giardini erano ornati da più di 300 pezzi tra vasche, statue, urne, fiamme e busti. Alle sculture lavorò Giovan Battista Bolognini che fu l'autore delle quattro statue della Primavera, Estate, Autunno e Inverno, ora ai Giardini Pubblici e forse anche dei tre fiumi, Crostolo in Piazza Prampolini, Panaro e Secchia al ponte di S. Pellegrino. Splendide erano le feste che vi si tenevano, come ricordate dalle cronache, ricche di scenografie, illuminazioni, balli, cene. Nel 1796, a seguito dell'ingresso e dell'avanzata dell'esercito francese in Italia, la Villa venne occupata dai distaccamenti dell'armata napoleonica nel suo transito lungo la pianura padana. Vi vennero alloggiati gli ufficiali e fu la base del comando militare di zona. Al termine dell'occupazione francese la Villa Ducale, spogliata di alcune opere artistiche e con alcuni segni dell'occupazione, venne consegnata ad un comitato locale di cittadini.
Attualmente ne rimane l'ala di mezzogiorno e parte degli edifici a settentrione comprendenti i locali di servizio, le scuderie, la corte rurale e la chiesa poi, nell'abbandono, adibita a legnaia. Quanto resta del complesso è stato oggetto di un recente progetto del Comune che ha portato a un parziale restauro strutturale dell'ala conservata, a una serie di iniziative pubbliche volte a identificare un possibile percorso di restauro definitivo e di riutilizzo, e a un accordo con un soggetto privato interessato a recuperare a fini abitativi e congressuali la chiesa e gli immobili rustici intorno. Lasciata via Martiri della Bettola, dopo una leggera discesa entrate nel Parco del Crostolo, che si estende tra l’immediata periferia sud della città e il confine con i comuni di Quattro Castella e Albinea. Modellato lungo l’asta fluviale del Crostolo per una lunghezza di circa 6 km e un’estensione di 5,7 milioni di metri quadrati e costituisce uno degli spazi verdi naturalistici più amati e frequentati dai reggiani, include aree di diverse tipologie, tra parchi pubblici, aree residenziali, zone coltivate e altre a vegetazione spontanea. Un percorso ciclopedonale che nel tratto urbano è caratterizzato dalla presenza di boschetti ripariali, pannelli informativi, le aree didattiche del Giardino dei Frutti antichi e del Giardino delle Farfalle. Il centro urbano è collegato al parco attraverso la cosiddetta “passeggiata Estense”, un percorso ciclo-pedonale che da Corso Garibaldi, passando per Viale Umberto I, arriva fino all’ingresso principale del parco, dopo il ponte di San Pellegrino, per proseguire in un percorso interamente immerso nel verde, fino alla storica Reggia di Rivalta. Si tratta dell’antico percorso che, sin dal ‘700, collegava la città interna alle mura con la Reggia di Rivalta, già definita una piccola Versailles per i suoi espliciti riferimenti architettonici allo stile francese.
Nel 1880 il senatore Ulderico Levi, fece scavare nella valle del torrente un pozzo per alimentare l'acquedotto di Reggio. Vi trovò invece un'acqua salso-iodica, che non servì al suo scopo. Ritenendola un ramo della sorgente di Montecatini Terme, progettò poi di costruirvi uno stabilimento termale, che non si effettuò, perché un'analisi nel 1913, riconobbe che l'acqua presentava solamente una minima quantità di gas solforico. In questo paese immerso nella quiete della campagna, tanto tranquillo quanto relativamente anonimo ha vissuto diversi anni della propria vita una persona speciale. Questa persona così importante è don Enzo Boni Baldoni. Originario della vicina Cavriago, durante l’ultimo conflitto mondiale fu una figura importante nella Resistenza reggiana e collaborò con il Comitato di Liberazione Nazionale. In quel periodo fu parroco a Quara ospitando renitenti, partigiani e molti fuggitivi. Fra loro anche diverse famiglie di religione ebraica. Al termine della guerra, il 2 dicembre 1945, don Enzo fu nominato parroco di San Bartolomeo: nel 1955 ricevette il riconoscimento della Comunità ebraica di Modena e Reggio per l’aiuto fornito agli ebrei perseguitati e un attestato dell’Unione delle Comunità Ebraiche d’Italia con le firme dei massimi esponenti della resistenza italiana. A San Bartolomeo don Enzo Boni Baldoni fu molto dedito alla comunità parrocchiale, fondando, nel 1961 la locale scuola materna, che aveva sede nella casa parrocchiale prospiciente la chiesa. Don Enzo morì dopo lunga sofferenza il 13 maggio 1972. Nel 2001 gli fu conferita post mortem la medaglia e l’attestato di “Giusto fra le Nazioni” alla memoria da parte dell’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme, Israele.
È l’unico “Giusto fra le Nazioni” della provincia di Reggio Emilia. Siete alla mezza maratona esattamente sul confine tra Quattro Castella e Reggio Emilia. Alla vostra destra si trova un caseificio in cui si produce il Parmigiano Reggiano, Title Sponsor della Maratona di Reggio Emilia – Città del Tricolore. Il Parmigiano Reggiano ha una storia lunga, nasce nel medioevo. I monaci benedettini, spinti dalla ricerca di un formaggio in grado di durare nel tempo, furono i primi produttori: grazie al sale proveniente dalle saline di Salsomaggiore e al latte delle vacche allevate in zona. La prima prova della sua commercializzazione risale al 1254, un atto notarile redatto a Genova cita fin da allora, il formaggio di Parma. Nel XIV secolo il commercio si espande dal Piemonte fino ai centri marittimi del mar Mediterraneo. Nell’Emilia del 1400, con feudatari e abbazie che concorrevano assieme ad un aumento produttivo nella pianura parmigiana e reggiana, si ha un ulteriore sviluppo economico. Il XVI secolo vede lo sviluppo delle vaccherie a cui era annesso il caseificio per trasformare il latte del proprietario a cui si aggiungeva il latte delle stalle dei mezzadri, che aiutavano il casaro a turno.
La commercializzazione continua ad espandersi: a Parma erano presenti commercianti detti formaggiai o lardaroli che vendevano anche i salumi ai mercanti di altre terre, soprattutto milanesi e cremonesi. In questo periodo inizia anche l’esportazione in tutta Europa: Germania, Fiandre, Francia e anche Spagna. Nel corso dei secoli, il Parmigiano Reggiano non ha cambiato le modalità produttive di base: oggi come nel Medioevo la produzione avviene in modo naturale, senza additivi. All'inizio del 1900, però, vengono introdotte alcune importanti innovazioni, ancora attuali, come l'uso del siero innesto e del riscaldamento a vapore. Il 27 luglio 1934, i rappresentanti dei caseifici di Parma, Reggio, Modena, Mantova (destra Po), si accordano sulla necessità di approvare un marchio di origine per il proprio formaggio. Dopo la guerra, nuovi impulsi iniziano a stimolare la ripresa del Parmigiano Reggiano, a partire dalla conferenza di Stresa del 1951 sulla denominazione dei formaggi. Segue nel 1954 la legge italiana sulle denominazioni d'origine: il primo consorzio originario si trasforma nell'attuale organismo di tutela, il Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano. Nel 1992 è approvato il Regolamento CEE 2081/1992 sulle Denominazioni d'Origine Protette, nel 1996, il Parmigiano Reggiano viene riconosciuto come una DOP europea: passaggi fondamentali per la tutela comunitaria del Parmigiano Reggiano, che è tra i formaggi più contraffatti e imitati del mondo. “Et eravi una montagna tutta di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi, e poi li gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava, più se n’aveva” cit. Giovanni Boccaccio, Decamerone 1351, nel descrivere il Paese del Bengodi.
La storia del maniero di Bianello è inevitabilmente legata al vicino castello di Canossa e soprattutto all'età dell'oro del dominio dei Canossa, ovvero alla Gran Contessa Matilde di Canossa. Secondo diverse fonti storiche, Matilde riservava una preferenza particolare per questo castello, ove risiedeva frequentemente, nel quale venne ospitato Enrico IV penitente, durante la famosa umiliazione di Canossa, prima dell'incontro del 1077. Sempre qui, nel 1111, Matilde di Canossa ha ricevuto anche il figlio primogenito di Enrico IV, l'Imperatore Enrico V, di ritorno da Roma ove era stato incoronato Imperatore, sanando la frattura politica consumatasi fra il Papato e il Sacro Romano Impero durante la reggenza del padre. Nel castello lo stesso Enrico V proclama Matilde di Canossa "Viceregina d'Italia e Vicaria Imperiale in Italia, un evento storico di grande portata, che condusse ad una stagione di pace.
Ogni anno dal 1955, comunemente nell’ ultimo fine settimana di maggio, tale episodio è rievocato ai piedi del maniero. La ricostruzione storica del corteo ricrea fedelmente le atmosfere dell’epoca in ogni particolare: i costumi medievali, rappresentano villici, giullari, cavalieri, dame di corte e monaci, impegnati in scene di vita quotidiana; gli artigiani ripropongono i lavori del tempo, i cavalieri si destreggiano in tornei e quintane, i musici rallegrano con melodie medievali. La rievocazione attraversa tutto il paese di Quattro Castella e l’intera popolazione partecipa come comparsa sin dalle prime ore del giorno. Sfilano i gonfaloni delle contrade invitate; cavalieri, monaci e popolo festeggiano la Gran Contessa incoronata con giochi e spettacoli coreografici. Al calar del sole Matilde sfila per le strade del borgo, acclamata dai suoi sudditi fedeli. La partecipazione di gruppi in costume provenienti da altri comuni d’Italia e d’Europa ci testimonia come questa rievocazione affascini per la sua spettacolarità e per la fedeltà storica. Ogni anno i protagonisti dell’incoronazione vengono interpretati da noti personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport, della musica e della cultura, nel 2019 ad interpretare Matilde ed Enrico V furono gli attori Eleonora Giovanardi e Valerio di Benedetto. |
42195 METRI DI REGGIO EMILIACuriosità riguardanti parti della città che potrai scoprire correndo la nostra splendida Maratona. Categorie
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