Avete passato il 3°Km della maratona, siete in Piazza del Monte, luogo di frequente passaggio in quanto posizionata proprio lungo la via Emilia, il cuore della vasca dei reggiani, la passeggiata del sabato pomeriggio. La piazza è racchiusa da numerosi edifici notevoli e di importanza storica. L’edificio storicamente più importante è quello che le dà il nome e la separa da Piazza Prampolini, il Palazzo del Monte di Pietà. Un altro edificio notevole è il Palazzo del Capitano del Popolo, che conserva un stile duecentesco. Recentemente restaurato e sede ora di una galleria commerciale è il seicentesco Palazzo Bussetti, il cui disegno è attribuito dalla tradizione a Lorenzo Bernini. PALAZZO DEL MONTE DI PIETA’ Palazzo tra i più importanti per la storia della città, ospitò il Comune fino all’inizio del secolo XV quando l’istituzione si trasferì in Piazza Prampolini, dove si trova tuttora. La primitiva costruzione risale alla fine del sec. XII ed era collegata con un ponticello coperto al Palazzo del Capitano del Popolo, altra magistratura comunale che aveva sede nel palazzo vicino che ne conserva ancora il nome. Con il trasferimento del Comune non vennero meno gli usi civici dell’edificio: il Monte di Pietà, da cui poi nacque la Cassa di Risparmio la cui fondazione ne ha tuttora la proprietà, e – in un salone – attività ricreative come un antico gioco di palla e poi il primo teatro cittadino, andato distrutto in un incendio nel 1740. Tutto il palazzo fu radicalmente ristrutturato in varie fasi, dal settecento al Novecento (nel 1915 fu abbattuto il portico che lo univa all’albergo Posta). Nella Torre Campanaria del Palazzo del Monte di Pietà, alta 47 metri, sono collocate tre campane che, secondo un’antica usanza reggiana, sono state fuse con metodo denominato “Nota a salto”. Le due campane più piccole sono state fuse da “Jacobus de Regio” ed ambedue hanno lo stemma Estense. Nella campana più piccola vi è impressa una bella effigie di San Prospero in Cattedra. La campana più grande si chiama “Forcarola” perchè suonava per avvisare dei condannati alla forca, cioè alla pena di morte. PALAZZO DEL CAPITANO DEL POPOLO Costruito nel 1280, come sede del Capitano del Popolo (una funzione governativa a fianco del Podestà), cessate le funzioni originarie, servì anche agli Estensi che governavano la città. Nel 1913 l’Ospizio subì un riammodernamento e divenne l’Albergo Posta. Nel 1920, mentre si procedeva al rifacimento della facciata, vennero scoperte importanti tracce del prospetto primitivo e su questi elementi si procedette ad una ricostruzione in stile, terminata nel 1929.
PALAZZO BUSSETTI
Nato per volere di un’antica famiglia di ricchi commercianti di seta, l’edificio è figlio di quel miracolo economico che interessa Reggio dalla fine del Cinquecento a quasi tutto il Seicento. È in questo periodo che le famiglie di tessitori e commercianti del prezioso filato (la seta) riescono a costruire le grandi fortune economiche e a intraprendere la costruzione di importanti palazzi di città, di cui ancora oggi si fregia il centro storico cittadino. La famiglia Bussetti, senza eredi, lascia il patrimonio a una fondazione, che porta il nome stesso della famiglia. Successivamente si susseguono gli interventi a favore del Seminario vescovile, una sede del Collegio dei Gesuiti; la sede dell’Università di Reggio (vi insegnò anche Lazzaro Spallanzani). L’immobile viene poi destinato a innumerevoli funzioni: ricovero provvisorio delle truppe napoleoniche di passaggio a Reggio; ristorante e caffè al piano terra del celebre “Ristorante-caffè Bussetti”, poi la sede della Banca commerciale italiana. Le funzioni e le attività nel palazzo non hanno conosciuto sosta e varietà di usi. Attualmente, dopo lunghi e accurati lavori di restauro, ospita la Galleria commerciale del Monte. Non ci passate con il percorso di gara, ma essendo contigua a Piazza Martiri del 7 Luglio, potete sempre guardarla mentre correte. In origine su quest’area si affacciava l’antica Cittadella, sede del potere militare cittadino, demolita nella metà del 1800 e sostituita dal Parco del Popolo, i giardini pubblici del centro storico. Solo dopo la fine della Prima Guerra mondiale, nel 1918, la piazza assunse il nome attuale: precedentemente infatti era conosciuta con il nome di Piazza d’Armi. Qualche anno dopo, sul limite settentrionale della piazza, al confine con il Parco del Popolo, venne posto ed è tuttora presente il Monumento ai Caduti della I Guerra mondiale, voluto dalle autorità cittadine negli anni venti. Molti sono gli edifici notevoli che si affacciano sulla piazza o che si trovano nelle immediate vicinanze: il Teatro Ariosto, la facciata e la guglia neogotiche della Galleria Parmeggiani, la Biblioteca delle Arti, la sede dell’Università di Modena e Reggio Emilia nell’ex Caserma Zucchi e il Teatro Cavallerizza. La piazza prende il nome dal sanguinoso episodio del 7 luglio 1960 quando, durante una manifestazione sindacale, cinque operai reggiani (Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli) furono uccisi dalle forze dell’ordine. La strage fu l’apice di un periodo di alta tensione e scontri in tutta Italia a seguito della formazione del governo Tambroni con il determinante appoggio del MSI, e la scelta di Genova, città “partigiana” e già Medaglia d’Oro della Resistenza, come sede del congresso del partito missino. I 5 reggiani uccisi sono ricordati dal monumento di Giacomo Fontanesi, dedicato alla loro memoria.
Piazza Martiri è contigua a Piazza della Vittoria con la quale, a seguito della recente riqualificazione di entrambe, compone un unico vasto spazio di incontro cittadino.
Il complesso fu costruito tra il 1852 e il 1857 secondo il progetto dell’architetto Cesare Costa ed appare oggi praticamente invariato rispetto al momento inaugurale. Nel 1980 è stato dedicato all’attore reggiano Romolo Valli. La facciata principale, rivolta a mezzogiorno, si eleva su tre gradini di granito. Nella parte inferiore è sostenuta da 12 colonne che formano un porticato: questo è collegato ai due lati con due porticati minori che sorreggono ampie terrazze. Nella parte superiore la facciata è suddivisa da 14 pilastri ionici, fra i quali si aprono 13 finestre: sopra a quella centrale è collocato lo stemma del comune di Reggio Emilia. Alla sommità della facciata 14 statue rappresentano, da sinistra a destra: la tragedia, il vizio, la gloria, il dramma, la virtù, il vero, l’istruzione, il diletto, la favola, lo scherzo, la danza, l’estro, la commedia, il suono.
Le camere d’aspetto, decorate da pregevoli sculture e fregi, hanno porte copiate per il teatro della duchessa di Parma. Dalla destra dell’atrio parte uno scalone che conduce alle sale del ridotto, le più importanti delle quali sono la sala ottagonale, la sala degli specchi, la sala rossa. Queste sale vengono spesso utilizzate per concerti da camera, esposizioni e convegni. Sempre dall’atrio si accede alla sala di spettacolo con pianta a ferro di cavallo e capienza complessiva di 1100 posti tra platea, quattro ordini di palco e loggione.
Al centro della volta pende ancora il lampadario originale alto 3,75 metri e di diametro di 3,05 metri. E’ in rame, stucco, legni intagliato e dorato ed è completamente guarnito di cristalli. Il sipario fu dipinto nel 1857 da Alfonso Chierici e raffigura il “Genio” italico che invita le “Belle Arti…ad ispirarsi nelle glorie della storia patria”. La biblioteca, specializzata in musica e spettacolo, ha un patrimonio di 7000 volumi, 1500 libretti d’opera e una sezione con partiture e spartiti riguardanti, in particolare, il repertorio per quartetti d’archi. Comprende anche un’emeroteca con circa 40 riviste e periodici di teatro, danza, musica e scenografia, italiani e stranieri. C’è anche la discoteca e nastroteca “Agosti”, raccolta storica tra le più consistenti in Italia nel campo dell’opera in musica, frutto di una donazione privata, che comprende: opere complete e selezioni, dischi a 78 giri, recitals a 33 giri, opere complete su nastro e CD, con oltre 650 CD di recente acquisizione. Inoltre, la Videoteca comprende registrazioni di spettacoli di altri teatri e compagnie italiane e straniere, acquisite per scambi e acquisti, con circa 1500 pezzi. Il 29 aprile 1961 debuttò in questo Teatro Luciano Pavarotti, interpretando il ruolo di Rodolfo ne La bohème.
Siete in via Lazzaro Spallanzani, alla vostra sinistra si trova il Palazzo dei Musei, già Palazzo San Francesco, la storia del Palazzo inizia secoli or sono, esattamente nel 1256 quando i francescani, per concessione del Vescovo Fogliani si insediano presso la chiesa di San Luca e il contiguo palazzo imperiale, in uso come sede vescovile a partire dal 1195. La trasformazione da palazzo in convento avverrà qualche decennio più tardi. Durante le soppressioni delle armate francesi guidate da Napoleone Bonaparte, il Palazzo cessa di essere un convento e si trasforma in una caserma e stalla per cavalli, quindi in sede di istituzioni scolastiche. Solo a partire dal 1830 vi si allestisce la prima collezione privata di carattere museale. Nei decenni del Novecento, si ampliano e completano le collezioni ottocentesche e se ne aggiungono di nuove come le raccolte dedicate alla geologia e alla fauna, di cui la balena Valentina è l’elemento più curioso: i suoi resti, datati a oltre tre milioni di anni fa, sono stati ritrovati sulle colline reggiane della Valle del Secchia. Nel 2018 in occasione del Campionato Italiano dei Vigili del Fuoco di Maratona, si tenne nella chiesa un concerto della Banda del Corpo Nazionale dei VV.F. a favore dell’Associazione CuraRE Onlus per il MIRE. Sulla preesistente chiesetta dedicata a S. Luca i frati costruiscono nel 1272 la loro chiesa dedicata a S. Francesco. L’edificio duecentesco fu tuttavia completamente rimaneggiato a seguito di interventi successivi, nel Quattrocento, all’inizio del Settecento e nel 1856. Sul fianco destro della chiesa si leggono i segni dei vari rifacimenti. Il mosaico in facciata è opera recente, di scuola romana.
Nel 1858 iniziarono i lavori di restauro alla porta ai quali concorse, con la somma di L. 15.000, il duca Francesco V d’Este. Proprio per questa donazione si decise di intitolare la porta al duca e di apporvi degli stemmi con l’aquila simbolo della famiglia d’Este. Ma nel 1859 scoppiò la guerra e con il cambiamento del governo e la cacciata degli Estensi, alla porta venne ridato il vecchio nome e si decise di riadattare lo stemma sostituendolo con la croce di casa Savoia.
In quello stesso anno, il 19 agosto 1859, accolto calorosamente dal “popol giost”, passò da questa porta il generale Giuseppe Garibaldi per recarsi nella bassa reggiana a ispezionare come comandante le truppe della lega militare piemontese raccogliendo volontari nelle province. Un episodio non riportato dalle cronache ma tramandato oralmente racconta che alcune donne di Santa Croce portarono i bambini a Garibaldi perché li battezzasse civilmente, cosa che era già avvenuta in altre città. Questi bambini divennero sacri per il “popol giost” e se qualcuno non lo trattava con le dovute maniere veniva apostrofato con queste parole “Lasa stèr col ragàz cl’e stè batzè da Garibaldi….”, lascia stare quel ragazzo che è stato battezzato da Garibaldi. |
42195 METRI DI REGGIO EMILIACuriosità riguardanti parti della città che potrai scoprire correndo la nostra splendida Maratona. Categorie
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